Onorevoli Colleghi! - La distruzione delle foreste del pianeta ha raggiunto livelli allarmanti. L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'agricoltura, la FAO, ha rilevato che, dal 1993, il tasso di deforestazione nei Paesi tropicali è aumentato del 50 per cento. Questo significa che ogni anno scompaiono almeno 16 milioni di ettari di foresta tropicale. La situazione nei Paesi sviluppati o nelle foreste temperate e boreali è altrettanto preoccupante: in Canada, negli Stati Uniti e nell'ex Unione sovietica migliaia di ettari di foreste secolari vengono rasi al suolo per rifornire il mercato mondiale di carta e legname. Gli effetti di questo disastro sono ormai chiari: le foreste svolgono un ruolo fondamentale per gli equilibri ecologici del pianeta, per ciò che riguarda la stabilizzazione dei mutamenti climatici e la diversità delle specie in esse contenute. Si calcola che in seguito alla deforestazione nei Tropici scompaiono ogni anno 27.000 specie animali e vegetali. Considerando i popoli indigeni e le comunità locali, si calcola che almeno 200 milioni di indigeni vivono nelle foreste tropicali o ai margini delle stesse e traggono dalle stesse le fonti di approvvigionamento.
      Illustriamo brevemente la situazione per ciò che riguarda dapprima le foreste tropicali, per poi passare a quelle temperate. Come già detto in precedenza, il tasso annuo di deforestazione nei Tropici è pari ad almeno 16 milioni di ettari. Le cause sono molteplici, dall'agricoltura itinerante

 

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alla distribuzione iniqua delle terre, dallo sviluppo di infrastrutture all'estrazione del legname e alla ricerca di fonti energetiche.
      Sulla Terra si estinguono 74 specie di animali e di piante ogni giorno. Le cause principali sono da far risalire alla deforestazione. La distruzione delle ultime foreste africane ha anche ragioni economiche e commerciali, la cui causa principale sono i consumi occidentali: il legno, serve, infatti, per mobili, parquet e arredamento.
      Secondo dati del World Watch Institute il 50 per cento di tutte le specie viventi vive nelle foreste tropicali, una specie di pianta tropicale su dieci contiene sostanze attive per la salute e contro il cancro, il 20-30 per cento delle foreste pluviali viene distrutto per il mercato del legno, la deforestazione è tra le principali cause della desertificazione, oltre 250 milioni di persone sono vittime della desertificazione, oltre un miliardo sono a rischio, anche a causa della deforestazione si calcola che entro l'anno 2015 ci sarà un aumento della temperatura globale da 1 a 3,5 gradi.
      La Banca mondiale ha ammesso - in una stima - che l'estrazione del legname tropicale è responsabile, direttamente o indirettamente, per il 20 per cento della deforestazione. Inoltre, l'apertura di strade da parte delle compagnie del legname rende accessibili tratti di foresta vergine altrimenti inaccessibili: l'Unione mondiale per la conservazione della natura (IUCN), ad esempio, ha rilevato che oltre il 75 per cento delle aree coperte da foresta e disboscate dai contadini ogni anno in Africa era stato già saccheggiato per estrarne legname tropicale. Il danno causato dall'attività di taglio è enorme. In Sarawak e in Malesia, ad esempio, per ogni 26 alberi rimossi per ricavarne legname pregiato almeno altri 33 sono danneggiati: in alcune zone più del 70 per cento degli alberi danneggiati muore a causa dei danni arrecati nelle attività di estrazione. In Brasile l'estrazione di mogano nello Stato del Parà ha portato all'apertura di migliaia di chilometri di strade in seguito utilizzate dai soggetti senza terra per colonizzare la foresta. L'estrazione e il consumo di legname tropicale - nelle condizioni attuali - non soddisfano alcun criterio di compatibilità ambientale. Secondo la stessa International Tropical Timber Organitation (ITTO), l'organismo internazionale che è preposto a regolare il commercio di legname tropicale nel mondo, meno di un ottavo dell'1 per cento delle foreste tropicali è gestito in maniera sostenibile. La Banca mondiale nella sua «Forest Policy» ha dovuto ammettere l'evidenza e proibire il finanziamento di ogni attività di taglio di legname a scopi commerciali nelle foreste primarie. Non è vero quindi che è possibile - allo stato attuale - sfruttare la foresta tropicale in maniera sostenibile per l'estrazione del legno. Nel corso degli ultimi quaranta anni il volume di commercio di legname tropicale è passato da 4,2 a 66 milioni di metri cubi e nello stesso lasso di tempo è stata distrutta la metà delle foreste tropicali del pianeta.
      L'impatto dell'industria del legname tropicale sulla diversità biologica delle foreste tropicali è altrettanto notevole: uno studio commissionato dall'International Tropical Timber Council (ITTC) ha rilevato che solo in Africa e in Asia - regioni di provenienza della stragrande maggioranza del legname tropicale importato nel nostro Paese - almeno 304 specie di legno tropicale sono minacciate di estinzione. Si continua a considerare il legname tropicale come il prodotto base per l'acquisizione di valuta pregiata da parte dei Paesi esportatori, senza riconoscere la necessità di diversificare il sistema produttivo delle economie in questione. Il legname tropicale, infatti, rappresenta solo il 10 per cento del valore delle risorse presenti nelle foreste tropicali. L'altro 90 per cento è rappresentato da altre risorse che possono essere estratte in maniera compatibile con gli equilibri ambientali e sociali. L'esempio delle riserve estrattive è uno dei tanti. Uno studio effettuato da un'équipe del Missouri Botanical Garden, ha dimostrato, inoltre, che le attività estrattive svolte in una foresta tropicale (che riguardano cioè prodotti quali noci, resine, olii, lattice o fibre
 

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eccetera) possono produrre profitti economici maggiori che nel caso dello sfruttamento commerciale delle risorse legnose. Finora ogni tentativo volto ad affrontare il problema della deforestazione causata dall'estrazione e dal consumo di legname tropicale non ha portato alcun frutto. Il Parlamento europeo si e più volte espresso sulla necessità di adottare una politica comunitaria sul commercio del legname tropicale, e si era impegnato, in una risoluzione adottata all'unanimità, affinché, a partire dal 1995, fosse permessa l'importazione solo di prodotti legnosi e derivati provenienti da foreste temperate, tropicali e boreali gestite in maniera compatibile. A tale appello - però - il Consiglio dei ministri dell'Unione europea non ha mai dato seguito.
      Secondo l'accordo internazionale del 1994, sui legni tropicali, fatto a Ginevra il 26 gennaio 1994, reso esecutivo dalla legge n. 120 del 1998, entro il 2000 i Paesi produttori e consumatori avrebbero dovuto «elaborare politiche di gestione forestale tali da assicurare che le esportazioni di legni tropicali non intacchino il patrimonio forestale e l'equilibrio ecologico dei paesi produttori, poiché dovranno provenire da fonti gestite in maniera durevole». Questo era il cosiddetto «Obiettivo 2000» per il quale né i Paesi produttori, né quelli consumatori, né tantomeno le compagnie forestali che estraggono legno, sono riusciti a mantenere l'impegno.
      In ogni caso, ci sembra necessario fissare dei termini perentori da rispettare e - per quanto possibile - immediati.
      Perché le misure che proponiamo riguardano anche le foreste del Nord del Pianeta? La taiga, o foresta di conifere dell'emisfero Nord, dalla Siberia al Canada agli Stati Uniti e alla Scandinavia, rappresenta un terzo della copertura forestale mondiale. Mentre in Brasile e in Congo il 60 per cento delle foreste primarie è ancora integro, in Canada le foreste secolari (old-growth forest) rappresentano solo il 50 per cento della copertura originaria, negli Stati Uniti il 15 per cento e in Scandinavia meno del 5 per cento. La distruzione delle foreste in Canada - ad esempio - procede a ritmi preoccupanti, al punto che i gruppi ambientalisti canadesi e internazionali hanno ribattezzato il Canada il «Brasile del Nord». Il Governo della Columbia britannica ha deciso di tagliare a raso il 64 per cento della superficie di una delle ultime foreste pluviali temperate sull'Isola di Vancouver. Anche nel caso delle foreste boreali e temperate, una delle cause principali della distruzione è rappresentata dall'industria del legname e della carta. Per ciò che riguarda la carta, ad esempio, il consumo mondiale raddoppierà nei prossimi venti anni, soprattutto nel Nord del Pianeta. Le foreste secolari di Svezia, Finlandia e Canada vengono tagliate a raso, senza alcuna garanzia che le foreste così distrutte possano ricrescere come prima. Anche nelle foreste del Nord del Pianeta la distruzione dell'ecosistema si ripercuote sulle popolazioni indigene, sui Sami in Scandinavia, sugli Udege in Siberia o sui Nuu-Chah-Nulth in Columbia Britannica. La diversità biologica delle foreste conifere è pregiudicata dalla coltivazione intensiva che comporta, da una parte, una selezione delle specie maggiormente commercializzabili, come nel caso della Finlandia, e, dall'altra, la scomparsa di specie animali e vegetali originarie. In Svezia almeno 800 specie di insetti e 425 specie di funghi sono minacciate di estinzione a causa dell'abbattimento delle foreste, mentre in Canada la stessa sorte potrebbe toccare ad animali quali il gufo macchiato (spotted owl).
      Considerando la responsabilità del nostro Paese, che è uno dei principali importatori europei di legname e di prodotti derivati dai Paesi tropicali e da Canada, Stati Uniti e Scandinavia, è necessario affrontare la questione con decisione e senza ulteriori ritardi. Altri Paesi in Europa lo stanno già facendo: l'Olanda ha già bloccato le importazioni di legname tropicale non sostenibile, l'Austria, la Repubblica federale svizzera e la Germania hanno approvato leggi sulla certificazione obbligatoria dei legnami tropicali, temperati e boreali. Anche il Parlamento del Lussemburgo ha affrontato la materia. Ci sembra anche necessario istituire un organismo
 

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apposito per la ridefinizione dei criteri di accettabilità, considerando l'inadeguatezza di quelli proposti dall'ITTO e la modestia di quelli proposti dal Forest Stewardship Council. Il nostro Paese può in questo dimostrarsi all'avanguardia in Europa, approvando le norme proposte e compiendo così un primo significativo passo per dare attuazione agli impegni presi a Rio de Janeiro, nel lontano 1992, con la ratifica della Convenzione sulla biodiversità, resa esecutiva dalla legge n. 124 del 1994, e la sottoscrizione dei princìpi sulle foreste.
      Salvaguardando dallo sfruttamento selvaggio le foreste, in primis quelle primarie, si intende preservare anche un inestimabile patrimonio biologico di risorse farmacologiche e di princìpi attivi che potranno dimostrarsi efficaci nella lotta di malattie quali l'AIDS, il cancro, la malaria. Gli scienziati calcolano che una pianta su cinque delle foreste tropicali abbia proprietà antitumorali. Per non continuare a distruggere il laboratorio scientifico più perfetto del mondo senza averlo neanche visitato, è necessario approvare in tempi brevi la presente proposta di legge.
 

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